Intervista a Giovanni Tarantino – di Luca Sordelli (Maggio 2018)

Come si fa a vendere le barche? Ci vogliono passione, spalle grosse, esperienza, coraggio. Ce lo spiega Giovanni Tarantino di Race Nautica dealer per Fountaine Pajot, Grand Soleil, Dufour e Sunbeam

di Luca Sordelli

A vela, a motore, per correre veloci o per la crociera. Race Nautica di Giovanni Tarantino si occupa di nautica a 360°: dalla vendita del nuovo, alla consegna e messa a punto, dalla manutenzione, rimessaggio e ormeggio all’eventuale rivendita con la gestione dell’usato.

La sede principale è a Punta Ala, affiancata da un ufficio a Scarlino e da un altro a Rosignano Cala dei Medici. Race Nautica è punto di riferimento in Tirreno per Grand Soleil, Dufour, Fountaine Pajot e per tutta Italia di Sunbeam. Tarantino nel suo lavoro ci mette tutto se stesso: vende, gestisce, ma quando serve sale anche in testa d’albero ad occuparsi del rigging.

 

Ma tutto è dato dalla passione per le barche, arrivando da un altro mondo: «Prima mi occupavo di automobili, ma mi piaceva, e anche molto, regatare. Nel 2001 ho vinto il trofeo Armatore dell’Anno con il mio Grand Soleil 341 Agitation. La mia prima attività nel mondo della nautica è stata infatti quella di ottimizzare le barche per fare regate».

Il passo per trasformare la nautica da gioco e vera professione è poi stato molto più veloce di quanto potesse prevedere: «Prima Alessandro Vismara, il progettista del GS 34, mi propose proprio di mettere a punto i suoi scafi, di fare del mio “gioco” il mio lavoro. Poi la Grand Soleil mi propose di diventare un suo dealer. E, a parte una breve parentesi con Bénéteau, per tanti anni ho venduto solo il loro marchio. Andava alla grande, vendevo più di venti Grand Soleil all’anno». Tutto bene fino alla crisi del 2008. Giusto?

«Esatto. Per fortuna ero riuscito a mettere un po’ “di fieno in cascina”. Ho dovuto ridurre un po’ il personale, ma gli uffici e i posti barca erano di proprietà. Ne sono uscito abbastanza bene». Ha poi preso la rappresentanza di altri marchi importanti, come Dufour, Fountaine Pajot e Sunbeam. «Con Dufour lavoro da 5 anni, le mie zone sono Toscana e Campania, per Fountaine Pajot vendo da due anni in Toscana, Liguria e Sardegna per le barche a motore, mentre per la vela mi occupo della Sardegna. Per Grand Soleil ho Toscana e Sardegna e per l’austrica Sunbeam ho invece la responsabilità di tutto il territorio nazionale».

Le cose sembrerebbero andare decisamente bene, mi racconti qualche numero di Race Nautica: «Io fatturo circa 9 milioni di euro all’anno, vendo circa 30 barche. Con me lavorano otto persone, di cui cinque sono dipendenti diretti».

 

Sono dati notevoli, soprattutto di questi tempi. In molti, dopo la crisi, sono scomparsi, altri non si sono ancora ripresi. Come ha fatto? «Guardi, potremmo sintetizzare la situazione così: quando trattiamo barche è come se giocassimo a dama, una la vendiamo, una la ritiriamo. Spostiamo pedine. Bisogna essere capaci».

Più che altro bisogna anche saper rischiare, e avere le spalle abbastanza grandi. «Giusto, questa è stata la mia forza. Altri non lo fanno e non l’hanno fatto. Quando Fountaine Pajot ha dovuto scegliere un dealer forte in Tirreno, questa mia capacità è stata determinate. Questo oltre al fatto che abbiamo venti anni di esperienza e un buon rating con le banche».

Il marchio francese è da sempre un nome nobile per quanto riguarda i catamarani a vela, ma ora spinge forte anche su quelli a motore. In Europa piacciono molto, il perfetto anello di congiunzione tra vela e motore, ma funzionano anche in Italia? «Decisamente, piacciono e sono convinto che tra due/tre anni rappresenteranno il vero “boom” del mercato. Vanno veloci, sono comodi, consumano poco». 

Torniamo un attimo a parlare del successo di Giovanni Tarantino in questi ultimi anni, da un lato la capacità di ritirare l’usato, e poi? «Possiamo fare un altro esempio, in passato giocavamo a scopa, tutto molto semplice. Poi si è passati alla briscola, stesso mazzo ma tutto un po’ più complicato, ci vuole un po’ più di cervello. Ora, da un anno e mezzo, è cambiato tutto, giochiamo d’azzardo».

Interessante. Ce lo spiega meglio? «La crisi ha fatto sì che si vendesse “sul venduto”, non più a stock. I cantieri hanno cominciato a produrre in base agli ordini, hanno spesso ridimensionato strutture e soprattutto personale. Poi la domanda è gradualmente aumentata, del 10 e anche del 20%, e i cantieri si sono ritrovati non più strutturati per reggere i grandi numeri. Sono in affanno, l’attesa per gli armatori andava da 9 a 11 mesi. In più l’uragano ai Caraibi dello scorso anno e la distruzione della flotta charter ha costretto i cantieri a fornire nuove barche e l’attesa è salita a un anno e mezzo o due».

E qui entrano i giocatori d’azzardo come lei… «Ho pensato che per vendere barche, per fare l’imprenditore avevo bisogno del prodotto. Penso di aver visto lungo».

La gestione del rapporto con i cantieri,però, non deve essere semplice: «Verso una caparra del 20%. Ad esempio con Fountaine Pajot arrivo ad acquistare fino ad 8 catamarani. Poi a sei mesi della consegna il cantiere mi chiede come configurare la barca. Se non l’ho ancora venduta lo faccio sulla base della mia esperienza».

Sembra un gioco piuttosto delicato, non solo azzardo, ci vuole anche parecchia esperienza. «Ma funziona, se sei capace. Ad esempio all’ultimo Salone di Düsseldorf ero l’unico ad avere catamarani in pronta consegna per questa primavera. Questo significa che il cliente può arrivare anche da più lontano e che si può trattare sul prezzo. Lo sconto, per l’armatore, è ovviamente più facile ottenerlo se è disposto ad aspettare due anni…».

In sintesi, la formula secondo Giovanni Tarantino: passione, spalle grosse, esperienza, coraggio. Non per tutti. «Vendere barche diventerà sempre di più un lavoro per pochi, in pochi possono avere un vero “magazzino”. E se non hai le barche non puoi venderle. Io personalmente ci metto sempre la mia faccia e la mia passione. E anche i miei soldi».

 

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